1930-1973
Giunta da Torino a Milano nel 1963, con un bagaglio culturale di intellettuale, formatasi alla Federazione Giovanile Ebraica d’Italia-FGEI, prese l’incarico di dirigere il Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea CDEC fondato fin dal 1955 da un gruppo di ragazzi, particolarmente consapevoli che il passato non va mai dimenticato ma documentato, specie quello terribile appena trascorso. Tra loro c’era Roby Bassi, divenuto poi rinomato dermatologo che, con una punta di nostalgia, ripensava a quegli anni eroici in cui tutto il Centro stava in una valigia sotto il suo letto di studente a Venezia.
Eloisa Ravenna fece di un piccolo ufficio dedicato alla storia degli ebrei d’Italia, nato sotto l’egida congiunta della FGEI e dell’Unione delle Comunità Israelitiche (allora si chiamava così) Italiane un istituto di storia di respiro internazionale con una biblioteca, un archivio di diari, testimonianze, lettere, fotografie e documenti di ogni genere sugli ebrei d’Italia nel Novecento.
Fu incaricata dal corrispondente Centre de Documentation Juive Contemporaine di raccogliere documentazione sulla partecipazione degli ebrei alla resistenza italiana, sfociata in una grande mostra a Parigi sulla resistenza europea. Partecipò, in qualità di perita storica, ai grandi processi contro i criminali nazisti attivi in Italia che si celebrarono negli Anni Sessanta in Germania. Era instancabile, si fece dare permessi speciali per accedere agli archivi pubblici dove scartabellava centinaia di documenti al giorno alla ricerca di prove contro i criminali, si recava, sola nella nebbia, con la sua Fiat 600, per i casolari del Lago Maggiore alla ricerca di testimoni oculari della strage di ebrei perpetrata nel 1943. Ritrovò e microfilmò per le Procure tedesche documenti che rimasero in copia presso il CDEC e che formarono il corpus documentario del suo archivio.
Nel 1967, si preoccupò subito che il pregiudizio antiebraico non riprendesse piede in relazione alle vicende del Medio Oriente, nutriva per Israele un amore sviscerato che la indusse a creare un osservatorio sulla stampa contemporanea per monitorare gli umori della comunicazione di massa riguardo alla questione (era, in nuce, l’Osservatorio sull’antisemitismo che è parte fondamentale dell’odierno lavoro del CDEC, riconosciuto come di importanza fondamentale dalle istituzioni ebraiche e nazionali).
Io la conobbi verso la fine del 1969. Quando, alla ricerca di un lavoro da svolgere in contemporanea con i miei studi di Scienze politiche, bussai alla porta del CDEC. Fin dal primo colloquio mi accorsi di trovarmi in presenza di una donna non comune: aveva una sicurezza che non degenerava in vanità. Mi spiegò che chi entrasse nella cerchia dei suoi collaboratori doveva imparare disciplina e riserbo e come non ci si dovesse rendere colpevoli di leggerezza intellettuale. Avevo 22 anni, mi ricordo di aver pensato, allora, che niente di meglio che incontrare lei e il Centro potesse capitarmi. L’amai subito. L’ingrandimento della foto di Anna Frank sotto il cristallo della sua scrivania, la moneta commemorativa dell’insurrezione del ghetto di Varsavia tenuta sempre in vista, i suoi racconti sulla visita alla vecchia Praga ebraica piena delle reminiscenze del suo autore preferito, Franz Kafka, i suoi problemi di donna e di ebrea me la resero vicina fin dai primi momenti e in maniera definitiva. Era una persona che si interessava a tutte le cose della vita, anche le più semplici. E lo faceva con passione, un gusto, una lucidità che magnetizzavano chiunque le stesse vicino. Eloisa Ravenna è la donna che ha alimentato con il suo generoso prodigarsi e con la genialità delle intuizioni l’organizzazione del CDEC. Munita di un amore travolgente per il popolo ebraico, insegnò a noi collaboratori un metodo rigoroso di lavoro e ai giovani a valutare le situazioni all’ordine del giorno in una prospettiva storica. Era come se dicesse: “la storia degli ebrei, le sofferenze, le aspirazioni, la felicità e le lacrime vi stanno guardando da dietro le spalle”.
Aveva, insomma, il dono rarissimo di riuscire a infondere la sua energia e il suo spirito d’iniziativa in coloro che ne erano sprovvisti. Un po’ del suo coraggio e della sua volontà è passato in tutti quelli che l’hanno conosciuta e perfino in coloro che sono venuti molti anni dopo a lavorare al CDEC.
Liliana Picciotto, 2010